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prescrizione-crediti-lavoro

L’articolo 2934 del Codice Civile afferma che ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo eserciti per i termini dettati dalla legge.
Non sono esenti, dunque, i crediti da lavoro.
I crediti da lavoro (risarcimenti, tfr, retribuzioni etc.) devono essere richiesti, se dovuti, entro determinati termini di prescrizione, altrimenti ogni diritto su di essi si estingue.

La legge stabilisce i termini entro i quali è possibile far valere le proprie richieste risarcitorie. Qualora il lavoratore dovesse muoversi per avanzare i propri diritti a termini già scaduti, sarà discrezione del datore di lavoro eccepire o meno la prescrizione dei crediti di lavoro. Tuttavia, se il datore di lavoro non solleva l’obiezione tempestivamente, allora il lavoratore potrà ancora vedere accolta la propria richiesta.

E’ importante precisare che i termini della prescrizione si attivano dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro. Ciò accade per offrire maggiori garanzie al titolare del diritto: nessuna prescrizione decorre quando il rapporto di lavoro è ancora aperto per evitare che il lavoratore possa essere indotto a non esercitare i propri diritti per timore del licenziamento. Tale estensione dell’articolo 36 della nostra Costituzione (che afferma l’irrinunciabilità al diritto di retribuzione), è stata stabilita dalla Corte Costituzionale con sentenza n.63 del 10 giugno 1966.

I termini di prescrizione sono per legge i seguenti:

- dieci anni per diritti su differenze di retribuzioni dovuti al passaggio di qualifica e diritti sul versamento di contributi parziali o totali;
- dieci anni per l’erogazione di retribuzioni una tantum;
- cinque anni per i crediti da retribuzione, come dettato dall’art. 2948 del Codice Civile (stipendio mensile, retribuzione della settimana oppure pagamento mesi aggiuntivi);
- cinque anni per i crediti che derivano dalla cessazione del rapporto di lavoro o per crediti che derivano da differenze di salario dovute per variazione di qualifica, come da sentenza della Cassazione n.7116 del 6 aprile 2005.

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