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- di Lucia Cuozzo
Un credito viene dichiarato inesigibile quando si verificano precise condizioni che determinano l’impossibilità della riscossione.
La prassi giurisprudenziale individua i casi principali in cui si stabilisce tale impossibilità.
Essi sono:
- uno stato comprovato di inesigibilità del credito da parte del debitore;
- il fallimento della società del debitore;
- l’irreperibilità del debitore;
- l’improvvisa cessazione di una società;
- un’attività di recupero crediti che abbia avuto esito negativo.
All’interno del bilancio aziendale avere crediti inesigibili comporta un danno non poco rilevante poiché su questi crediti, che in effetti non costituiscono reddito imponibile dell’azienda, andranno pagate delle tasse.
Per ovviare al pagamento dei tributi su crediti non riscossi, si può avviare una procedura legare oppure pensare ad una risoluzione attraverso la cessione dei crediti pro-soluto.
Affinché il credito possa essere considerato inesigibile, e quindi si ottenga la defiscalizzazione degli importi, deve essere richiesto un accertamento economico-patrimoniale a carico dei debitori.
La procedura di inesigibilità dei crediti, infatti, comincia proprio da questa fase di accertamento, e procede poi con:
- la cessazione dell’attività di recupero crediti;
- l’eliminazione del credito inesigibile dal bilancio.
Esiste infine la possibilità di riprendere in carico i crediti in precedenza dichiarati inesigibili, al verificarsi di condizioni nuove da parte del debitore che annullano la circostanza di inesigibilità del credito.