La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale simile a quella del fallimento, ed ha lo scopo di estinguere l’impresa successivamente alla liquidazione dei creditori.

La caratteristica della liquidazione coatta, che la distingue da quella volontaria, è che la tutela principale non è per i creditori, ma verso il pubblico. Esiste infatti in questi casi un interesse pubblico, legato spesso ad imprese come banche, cooperative, enti pubblici od assicurazioni, che supera l’interesse privato dei creditori.

Proprio per le ragioni di interesse pubblico, la procedura è non è attribuita, come nel fallimento, ad un’autorità giudiziaria, ma a un’autorità amministrativa. L’autorità giudiziaria in questi casi è competente soltanto della tutela dei diritti soggettivi eventualmente lesi dagli organi amministrativi.

Di norma le società soggette e liquidazione coatta amministrative non prevedono il fallimento, anche se le discipline generali che guidano l’approvazione della liquidazione non escludono perentoriamente che a tali società non si possa applicare il fallimento.

Il presupposto che determina l’apertura di questa procedura concorsuale è identificabile nella dichiarazione di stato di insolvenza.

Da qui, si legittima l’intervento dell’autorità amministrativa.

Altre volte invece accade che la situazione che determina l’apertura della liquidazione coatta amministrativa non sia lo stato d’insolvenza, bensì il rilevamento di gravi irregolarità nella gestione aziendale, nei regolamenti, nella legge e talvolta anche nel travisamento del fine istituzionale dell’ente.

Gli organi di competenza della procedura di liquidazione coatta amministrativa sono:
- l’autorità amministrativa: l’ente di pubblica amministrazione che emette il decreto (esempio: il ministero del lavoro per le cooperative);
- il commissario liquidatore: il soggetto preposto all’esecuzione materiale della procedura;
- il comitato di sorveglianza: come per il comitato dei creditori nella procedura del fallimento, le sue funzioni sono consultive.

Il decreto presidenziale dell’autorità amministrative da inizio alla procedura.

Al tribunale spetta invece il compito di:
- pronunciare l’eventuale dichiarazione di insolvenza.
- giudicare sulle contestazioni e sulle opposizioni al bilancio e al rendiconto aziendale.
- approvare o rigettare il concordato eventualmente proposto dall’impresa (che, per essere preso in considerazione, non deve mancare di segnalare: la parte dei crediti che l’impresa intende estinguere,  con tempi di adempimento ed eventuali garanzie).

Al commissario liquidatore spetta poi il compito di comunicare ai creditori, entro 30 giorni dalla nomina, l’ammontare del credito così come è segnalato dai libri contabili dell’amministrazione.
Eventuali contestazioni possono essere espresse dai creditori entro 15 giorni dalla comunicazione del commissario. Nell’arco di 90 giorni sarà poi dichiarato lo stato passivo, che sarà depositato in cancelleria del Tribunale.

Trascorsa la fase di formulazione dello stato passivo, il commissario predispone poi la liquidazione del’attivo. In questa fase ci si occuperà della vendita dell’attivo, ossia la vendita in blocco dei beni o di immobili dell’impresa.

Infine, al commissario liquidatore spetta il compito di ripartire i proventi della liquidazione tra i creditori. Per poter adempiere a questa attività, eglil dovrà presentare:
- il bilancio finale di liquidazione;
- il conto di gestione;
- il piano di riparto, allegando la relazione del comitato di sorveglianza.

Trascorsi 20 giorni dal deposito della documentazione presso la cancelleria del Tribunale (tempo riservato alla possibilità di eventuali ricorsi), il commissario liquidatore può procedere alla ripartizione finale e la procedura è chiusa.