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- di Lucia Cuozzo
Il pignoramento, secondo l’articolo 491 del codice civile, è eseguibile anche rispetto al conto corrente del debitore. Questo tipo di pignoramento rientra nei casi del “pignoramento presso terzi” e stabilisce la possibilità per il creditore di operare un’azione diretta di prelievo dal conto corrente del debitore.
Questa variante del pignoramento presso terzi si realizza tipicamente quando il debitore non possiede beni mobili e immobili da apporre a garanzia del credito. Il creditore, quindi, ha la possibilità di coprire il debito agendo direttamente sul conto corrente del debitore. Qualora il saldo del conto corrente non fosse una cifra bastante alla copertura del debito, il creditore potrebbe ricorrere all’accredito di pensioni e stipendi del debitore sul c/c e recuperare la cifra necessaria alla copertura.
Ove se ne riscontrasse la necessità, il giudice potrebbe decidere che il conto corrente venga chiuso. In questi casi il saldo totale andrà al creditore, e i vincoli fiscali spetterebbero al debitore.
Il pignoramento del conto corrente è generalmente una delle scelte più estreme di espropriazione che viene fatta da un giudice. Rendendosi necessaria tale azione per via dell’assenza di ulteriori beni su cui rivalersi, l’ufficiale giudiziario convoca immediatamente il debitore e il creditore per comunicare l’azione di pignoramento su conto corrente.
Soltanto il giudice può decidere ed avviare il pignoramento del conto corrente.
Quando questo avviene, la banca del correntista/debitore presso cui si realizza l’esecuzione, assume automaticamente il ruolo di "debitor debitoris” nei confronti del creditore.
In altre parole, la banca è tenuta non soltanto a non disporre - né consentire che si disponga - del denaro su conto corrente pignorato, ma dovrà anche garantire e favorire l’esecuzione da parte del creditore.