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- di Lucia Cuozzo
L’ azione revocatoria viene concessa al creditore per salvaguardare l’integrità del patrimonio del suo debitore.
Spesso accade che di fronte al pericolo di un procedimento esecutivo, il debitore tende ad alienare i suoi beni, decurtando di proposito il suo patrimonio. In tal modo non potrebbe pignorarsi nulla e l’esecuzione risulterebbe infruttuosa.
L’ azione revocatoria tende a rendere inefficaci, nei soli confronti del creditore che ha agito, gli atti di disposizione (cioè le vendite o le donazioni) che il debitore compie con il preciso intento di menomare la garanzia patrimoniale dei suoi creditori.
L’ articolo 2901 del codice civile disciplina le condizioni che devono sussistere per poter agire in revocatoria - ovviamente è il creditore che deve provarne la sussistenza e la fondatezza.
- La prima condizione che la legge richiede è che il debitore, nel momento in cui pone in essere l’atto di disposizione, sia consapevole (consilium fraudis), del pregiudizio (eventus damni) arrecato alle ragioni del creditore.
- La seconda condizione è che vi sia anche la consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato al creditore (partecipatio fraudis).
Se, infatti il terzo aquirente ha acquistato a titolo oneroso non conoscendo la frode, la sua buona fede impedisce la revoca. Nel caso in cui invece, vi sia la sua buona fede ma l’acquisto sia a titolo gratuito, la legge tutela il creditore.L’ effetto della revocatoria è la dichiarazione di inefficacia dell’ atto di alienazione, cioè l’alienazione viene considerata senza effetto nei riguardi del creditore istante, il quale potrà esercitare l’azione esecutiva anche direttamente contro il terzo proprietario (articolo 606 codice civile).