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amministrazione_controllata

L’amministrazione controllata è uno strumento amministrativo concesso alle aziende che mostrano una situazione di temporanea difficoltà ad adempiere alle proprie obbligazioni. Questa procedura del diritto fallimentare è stata abrogata dal d.Lgs. n.5/2006.

L’amministrazione controllata, tuttavia, era preferibile agli altri strumenti di gestione amministrativa in caso di difficoltà aziendale poiché mirava a un duplice obiettivo:  
- il saldo completo dei creditori;
- la continuità dell’impresa.

Attraverso l’amministrazione controllata, all’imprenditore era concessa una dilazione nel pagamento dei debiti contratti, il quale otteneva allo stesso tempo di proseguire nella propria attività aziendale sotto il controllo di un commissario e sotto le direttive di un giudice.

A differenza delle altre procedure fallimentari come la liquidazione coatta o il fallimento, questa soluzione concedeva all’azienda la possibilità di risollevarsi dalle difficoltà finanziarie in un tempo non lesivo per l’attività aziendale, assicurando contestualmente il pagamento, anche se dilazionato, dei crediti dovuti.

Un requisito a cui l’imprenditore commerciale che riceveva l’amministrazione controllata doveva rispondere, era quello di meritevolezza: iscrizione al registro delle imprese da almeno 2 anni, contabilità regolare e nessun fallimento per l’imprenditore nei cinque anni precedenti la richiesta di amministrazione controllata.

In ultimo, le condizioni per ottenere tale procedimento erano:
- una temporanea difficoltà nei pagamenti da parte dell’imprenditore;
- garanzie di comprovata possibilità di ripresa economica dell’azienda.

Attualmente, il procedimento con cui di norma si sostituisce l’amministrazione controllata è il concordato preventivo.

Le condizioni e gli obiettivi del concordato sono le stesse che regolavano l’amministrazione controllata: un imprenditore meritevole in stato di insolvenza, evita il fallimento aziendale garantendo il pieno soddisfacimento dei creditori privilegiati e riconoscendo, però, ai creditori chirografi una percentuale minima del 40%.

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